Quale verità è custodita nella testimonianza orale?

25 settembre

La testimonianza orale corrisponde alla verità? Ci si avvicina, ma resta una fonte soggettiva costruita dalla relazione tra intervistatore e intervistato, così come nella restituzione. Attorno al tema, vasto quanto affascinante, si sono confrontati nella terza giornata di FATTICULT storici, archivisti e autori.

Lo storico di formazione Giancorrado Barozzi, che dal 1986 al 2000 ha diretto l’attività scientifica dell’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, ha realizzato progetti per conto della Regione Lombardia e di altri Enti ricerche nei campi della storia sociale, delle tradizioni del lavoro e della narrativa orale. “Sono partito come raccoglitore di fiabe popolari e mi comportavo come quando raccoglievo francobolli o farfalle. Poi ho iniziato a costruire conversazioni per raccogliere testimonianze di vita, pur con un approccio classificatorio”.

Diametralmente opposto l’approccio di Luigi Gherzi, autore e regista: “L’intervista non è mai neutra, è un modo per raccogliere le storie ma è soprattutto un atto artistico, è una relazione umana mai tecnica: molto spesso le vite reali nascondono un fascino che l’immaginazione non raggiunge. Quando la realizziamo il contesto incide, il tempo incide, tanto quanto il mezzo: non accontentiamoci mai della prima cosa che esce, perché l’intervistato non si espone mai alla prima domanda, lo fa dopo tempo. Il momento più bello è quando si perde il controllo, quando grazie al dialogo una persona recupera ciò che aveva perso. È in quel momento che la testimonianza diventa reale”.

Carlo De Maria si accoda al pensiero di Gherzi e inizia citando una frase di Camillo Berneri: “Preferisco un gendarme che mi parla della sua vita che un filosofo che mi parla della vita”: negli ultimi anni si è vista un’esplosione dell’intervista come metodo di ricerca. Si è affermato in questi anni il racconto della storia con metodi nuovi per intercettare il pubblico più ampio, ma anche il tramonto delle ideologie e l’emergere dell’importanza della viva voce e delle traiettorie individuali. Con lui anche Eloisa Betti, docente di storia del lavoro dell’Università di Bologna che ha ben illustrato il processo di costruzione di un’intervista e il suo valore storico e sociale, raccontando tra gli altri progetti come Bologna Metalmeccanica.

L’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, rappresentato al tavolo da Daniela Ferrari, raccoglie oltre mille pezzi legati alle fonti orali, su supporti di vario genere, cd, vhs, bobine e cassette. 400 sono relativi alle attività dell’Istituto stesso dalla fine degli anni ’70, molti altri sono materiali dei partiti politici, congressi e convegni di DC e PCI ma anche materiali di associazioni e istituzioni come ANPI, UDI, Gruppo culturale di Piadena, Lega culturale di Acquanegra, Museo del giocattolo di Canneto. Dai privati cittadini arrivano contributi di insegnanti e intellettuali, come Maria Bacchi, Giuliana Baraldi, Giancorrado Barozzi, Luigi Benevelli (colloqui registrati per il volume Donne in manicomio), Maurizio Bertolotti, Gino Baratta (registrazioni di lezioni di letteratura italiana), Carlo Benfatti (ricerche demologiche collegate al Museo di Polirone), Piergiorgio Gandini (ricerche sulle ballate e sui canti popolari) e molti altri.